“La banalità del male”. Questo il titolo del famoso saggio di Hannah Arendt. La banalità di persone non malvagie che compiono, però, azioni malvagie ( i nazisti) non rendendosi conto di quello che fanno.
Male banale che, oggi, ritroviamo anche in Montezemolo, incapace, forse, di riconoscere le sue sconfitte che si susseguono dal 2009. Capace di farlo solo dopo la debacle di domenica al GP di Monza.
“Banalità del bene”, potremmo dire, quella che si sta presentando alle porte di Maranello. Il suo successore, l’ad di FCA Sergio Marchionne, il “buono” della situazione, pare dover intraprendere una grande impresa: salvare la Rossa. Ma siamo sicuri che sia la persona giusta? L’eroe che ha ridato luce a Fiat, uno dei manager più pagati d’Italia che la prestigiosa rivista Time inserisce nei 100 personaggi più influenti al mondo, inserito nel panorama dei motori ma che poco o nulla ha di esperienza nell’ambiente della Formula Uno? Ecco 10 validi motivi per ritenere che, forse, non bisogna considerare Marchionne il “Dio” delle quattro ruote anche in pista.
1. La Ferrari non è un’azienda
La casa del Cavallino non è un’azienda ma molto di più. E’ un cuore che batte in tutti gli italiani, è il marchio di auto più famoso al mondo, è un sospiro che passa veloce sotto casa, è un sogno, è tutto quello che ognuno di noi vorrebbe possedere non solo da guidare ma anche soltanto da ammirare. E’ orgoglio nazionale, è stile, sensualità, è un brivido che corre sul nostro corpo e sulla strada, è l’impennata di un cavallo sdomo, libero e felice. La Ferrari è vita, la stessa che apparteneva a Montezemolo sin dal lontano 1973.
2. La Ferrari è piccola
Marchionne, inutile ripeterlo, è manager di una grande azienda. La Ferrari è sì importante e grande nel mondo ma la sua mentalità resta quella familiare. La famiglia Ferrari, infatti, ha sempre sostenuto Montezemolo ritenendolo parte di essa, sin da quando diventa l’assistente del mitico Enzo negli anni ’70. Marchionne rischia di essere un outsider, un bravo manager, certo, ma privo del legame speciale che si era creato tra Luca e i Ferrari.
3. I torinesi non capiscono la Ferrari
Appena Fiat si è disinteressata al marchio, la Rossa ha iniziato la sua epopea di successi. Strano ma vero.
4. Ci vuole passione
Passione. La stessa che Eros Ramazzotti canta in una delle sue canzoni romantiche, ” Più bella cosa”. Passione che Montezemolo ha dimostrato sin dal primo giorno. Riuscirà Marchionne ad abbattere il suo muro di freddezza per buttarsi anima e corpo in questa nuova impresa?
5. La Ferrari è italiana
La Ferrari è italiana. O meglio, è degli italiani. Perché affidarla ad un manager con cittadinanza canadese, che vive in Svizzera, che ha portato la sede amministrativa di FCA a Londra, fa studiare i figli all’estero, che veste Ralph Lauren e che fa di tutto per evitare il Bel Paese?
6. Servono pubbliche relazioni
Per guidare Casa Ferrari fondamentali sono le così dette “public relationship”. Marchionne sarà anche un bravo manager ma, si sa, non è di certo campione mondiale di simpatia. Ai microfoni appare sempre minimalista nelle parole, scontroso, a tratti scocciato. Non di certo un buon biglietto da visita.
7. La Ferrari deve correre
La Fiat di Marchionne si è sempre disinteressata alle auto sportive, da pista. Non esiste, infatti, un programma sportivo né per Chrysler né per Abarth. L’ad del Lingotto pare non essere molto interessato all’argomento. Ma ora dovrà mettersi l’anima in pace e convincersi ad entrare in un box.
8. Relazioni sindacali
In Casa Ferrari la pace tra sindacati e aziende regna sovrana. In Fiat non si può di certo affermare lo stesso. Marchionne sta per mettere piede nel paradiso dei metalmeccanici. Riuscirà il nuovo presidente a non far arrabbiare i pacifici sindacati di Maranello?
9. Marchionne non si sporca le mani
Camicia, maglioncino di Ralph Lauren con zip o senza, jeans o pantaloni del completo, scarpe nere. La banalità dello stile, potremmo aggiungere. Uno che non solo fa già fatica a parlare ai microfoni, ma che farà di certo più fatica ad indossare le cuffie nei box. A sporcarsi i vestiti di benzina, a mescolarsi coi rumori e gli umori della pista. Forse abbandonerà i suoi completini da scolaretto modello per entrare in una comoda tuta da ginnastica. Non lo sappiamo ma ci speriamo. Forza Sergio.
10. Non ci si improvvisa Enzo Ferrari
1973. Giovane e intraprendente. Così intraprendente da restare al fianco della Ferrari sino ad oggi. Direttore sportivo non ci si improvvisa. Presidente della Ferrari non ci si improvvisa. Il colpo di fulmine è raro, nella vita, ma può accadere. Montezemolo lo ha avuto. L’innamoramento di Marchionne non è ancora iniziato. Ma poi, siamo sicuri che sia amore o si tratta soltanto di puro e sano sesso?