Esaminare l’esaminare tecnica delle auto significa anche soffermarsi sull’olio motore, in costante progresso. Ripercorriamo le innovazioni cruciali.
Olio motore: “viscosity numbers”
Andiamo indietro col nostro racconto fino alla metà degli anni Venti del 1900. Allora si classificava la viscosità in tre categorie, in terra States chiamate Light, Medium e Heavy. Quand’era il 1926, dalla SAE indicarono i cosiddetti “viscosity numbers”, sette classi numerate da 10 a 70. In un secondo momento aggiunse tre classi di oli a basse temperature, contrassegnate con un numero di due cifre seguito dalla lettera W. Parallelamente scomparvero le classi 60 e 70.
Olio motore: la diffusione degli additivi
Nei primi anni gli obiettivi erano quelli di aumentare la durata dei motori, nonché combattere la formazione di morchie, incrostazioni e lacche. Solitamente gli automobilisti impiegavano un olio più fluido d’inverno e uno con viscosità maggiore in estate. Prima del 1947 gli oli erano d’altronde categorizzati solo in base alla loro viscosità. Alcuni produttori utilizzavano comunque alcuni additivi per ostacolare la formazione di morchie e l’incollamento dei segmenti. Un altro problema consisteva nella corrosione delle bronzine. Durante la seconda metà degli anni Trenta qualche azienda petrolifera iniziò ad adoperare additivi detergenti (generalmente fenati e fosfonati). La Lubrizol usò dal 1941 i ditiofosfati di zinco, ottimi come antiusura e anche come antiossidanti.
Olio motore: Service Classification
L’API (American Petroleum Institute) varò nel 1947 la prima Service Classification, che prevedeva tre categorie: Regular, Premium (con alcuni additivi anticorrosione e antiossidanti) e Heavy Duty (con anche additivi detergenti e disperdenti). Livelli sostituiti e aumentati negli anni a venire, fino ai giorni nostri, dove in cima alla scala c’è l’SN. Cessato il conflitto bellico, negli Stati Uniti introdussero veri oli multigradi (SAE 10W-30). Per ottenerli si aggiungeva, a una base piuttosto fluida, dei miglioratori di indice di viscosità, costituiti da vari polimeri (polibuteni, polimetacrilati, polialkilstireni), con elevato peso molecolare. In questo modo la resistenza allo scorrimento del lubrificante crebbe notevolmente.
Olio motore: sviluppi negli anni Duemila
Per concludere il nostro viaggio, segnaliamo che da qualche anno i tecnici sviluppano lubrificanti in grado di contribuire al contenimento dei consumi e, di conseguenza, le emissioni di CO2. In commercio oli a bassissima viscosità, che hanno una straordinaria scorrevolezza e consentono di ridurre l’assorbimento di potenza sia da parte della pompa sia per quanto riguarda l’attrito tra gli organi in movimento (perni e bronzine, pistoni e cilindri…). Qualità indicata da sigle, riportate sulle lattine.