Il bollo auto è una delle tasse più discusse e di cui periodicamente si parla di una possibile cancellazione. In attesa di capire se questo avverrà davvero, potrebbero esserci conseguenze rilevanti per chi non dovesse saldare l’importo previsto.
Bollo auto: novità in arrivo dal 2018
Un emendamento alla legge di Bilancio, approvato dalla commissione Finanze della Camera, che sarà ora sottoposto all’esame della commissione Bilancio, tratta esplicitamente di alcune modifiche alla normativa relativa al bollo auto. “Dimenticarsi” di pagare la tassa potrebbe infatti avere conseguenze non da poco per gli automobilisti.
In caso di evasione al veicolo potrebbe essere vietato di poter circolare liberamente sulle strade. Questo quanto indicato nel testo: “Dal 2018 gli uffici competenti prima di effettuare la revisione ai veicoli soggetti alla revisione obbligatoria, devono verificare l’avvenuto pagamento, dell’anno in corso e degli anni precedenti, della tassa di proprietà, della tassa di circolazione e della situazione di fermo amministrativo“.
L’impossibilità di procedere con la revisione impedirebbe infatti di poter utilizzare con regolarità la propria vettura. Si legge nel testo anche questa precisazione: “Non è possibile procedere con la revisione del veicolo ed il suo proprietario è obbligato ad effettuare i pagamenti mancanti e presentare una nuova richiesta di revisione per poter circolare“.
Bollo auto: quando la tassa non è dovuta
Ma c’è davvero la possibilità di non dover saldare l’importo previsto per il bollo auto? Il pagamento non è dovuto se caduto in prescrizione. Questo avviene se dopo il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo, il contribuente non riceve un sollecito di pagamento o una cartella da parte di Equitalia, Agenzia delle Entrate o altro ente preposto alla riscossione. A stabilirlo è l”art. 1, comma 163, della legge 296/06.
La norma prevede che il titolo esecutivo (la cartella di pagamento) debba essere notificato a pena di decadenza entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo. Ulteriori conferme su questa norma arrivano anche dalla giurisprudenza. Una sentenza emessa dalla CTR di Catanzaro del 3 febbraio 2016 ha sostenuto questa posizione.