Nei giorni in cui il comune di Milano rinuncia ad Equitalia per l’esazione delle multe e avvia un condono sulla riscossione delle esazioni delle cartelle risalenti a dieci anni fa, è opportuno ricordare una volta per tutte i fondamentali, ricordando una tra le norme meno conosciute da chi subisce le multe, cioè l’obbligo di dichiarare il conducente del veicolo che ha commesso l’infrazione.
Fuori i nomi
La legge è chiara: il proprietario dell’auto ha 60 giorni dalla notifica della multa per comunicare all’autorità chi era alla guida del veicolo nel momento in cui è stata contestata la contravvenzione. La ratio della norma è quella di punire la persona fisica (non il veicolo) che ha commesso la contravvenzione, in modo da potergli decurtare i punti della patente.
Lo dice la legge…
La norma è attuata con una riga sottile quanto importante, nel verbale che arriva a casa: l’invito a dichiarare le generalità del conducente. Quello che la burocrazia chiama “invito” è un vero e proprio obbligo che, alla fine dei conti, può arrivare a costare anche 1000 euro a chi non lo evade, a meno di non avere un’ottima scusa per nascondere l’identità del guidatore.
…a meno di non avere una scusa
Infatti, in caso di giustificato motivo, si può non dare l’identità di chi guidava. E qui, però, iniziano i guai perché, letteralmente, ogni amministrazione ha una sua regola, quindi, a seconda del comune o dell’istituzione che ha emesso la multa può cambiare la ragione per considerarlo, quindi, occhio. Tuttavia, se entro 150 giorni, senza giustificato motivo, non viene comunicata l’identità di chi guidava, le sanzioni schizzano in alto.
E se la multa è contestata?
La domanda successiva è se va dato il nome del conducente anche quando la multa è oggetto di ricorso. Qua, le tesi sono divergenti e gli esperti sono divisi in due: tra chi è per dare il nome e chi è per non darlo. Tuttavia, forse, in attesa che la giurisprudenza si muova, è meglio risolvere la cosa alla radice e vuotare subito il sacco.