Sono due i modi con cui il datore di lavoro può retribuire un dipendente: somma di denaro e “in natura”. Nel secondo caso viene concesso l’uso di beni e servizi, come l’auto aziendale. Capiamone il meccanismo.

DEFINIZIONE

L’articolo 2099 del Codice Civile prevede che “il prestatore di lavoro può anche essere retribuito in tutto o in parte con partecipazione agli utili o ai prodotti, con provvigione o con prestazioni in natura”. Ad esempio un veicolo, acquistato dalle aziende per darlo poi in locazione. In relazione alla specifica modalità di assegnazione il benefit aziendale è soggetto a tassazione.

FRINGE BENEFIT

Primo caso l’impiego del mezzo solo per la propria attività. Qui nessuna imposta va applicata, al contrario del fringe benefit. Con tale espressione viene inteso un trattamento economico dei menager, una sorta di “status symbol”. Non essendoci legami con la “strumentalità” del bene ai fini aziendali al dipendente andrà imputato in busta paga l’intero reddito corrispondente sulla base del “valore normale”. Per tale, stabilisce l’art. 9 del TUIR, si intende “il prezzo o corrispettivo mediamente praticato per i beni e i servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui i beni e servizi sono acquistati o prestati …”.

USO PROMISCUO

Vettura che può essere infine a uso promiscuo. Compenso in natura, va in cedolino ed assoggettato a tassazione ordinaria in ciascun periodo retributivo.Valore pari al 30% di quanto indicato nelle tabelle ACI alla voce costi chilometrici, assunta secondo una percorrenza media di 15.000 chilometri annui. Laddove il mezzo venga fornito in uso anche per esigenze personali, è compito dell’azienda stabilire, anche in relazione alle coperture assicurative, regole di comportamento a cui il dipendente deve attenersi. Va definita quindi una policy aziendale, da aggiornare o modificare ogni volta che se ne dovesse ravvisare la necessità.

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