Da giorni i tassisti di Milano, Roma e Napoli sono sul piede di guerra. Terreno di scontro, questa volta, non sono le classiche sventagliate una tantum di licenze. C’è qualcosa che li preoccupa ancora di più: un’applicazione per smartphone.
Si chiama Uber. Un progetto di trasporto privato a metà tra il taxi e il noleggio di auto con conducente. Basta scaricare l’app e con un click si può prenotare una macchina. I creatori, però, sono andati oltre: hanno lanciato UberPop.
Diversamente da “Uber classica”, niente autista professionista con licenza, ma una sorta di car pooling che permette di trovare auto con cui dividere le spese. Almeno, questa è l’intenzione. Di fatto si creerebbe invece una rete parallela di autisti privati, con tanto di voti ed opinioni dei passeggeri. A far da mediatore e controllore di qualità, sempre Uber.
Tale qualità viene garantita attraverso alcuni criteri. Ad esempio avere un’auto intestata a proprio nome, avere la patente da più di tre anni e la fedina penale pulita.
Taxi in rivolta.
Le associazioni di categoria ritengono l’applicazione illegale. Di fatto il numero chiuso delle licenze per la professione sarebbe aggirato. I mutui sulle spalle dei tassisti per pagarsi la licenza, la peggiore beffa. Il servizio verrebbe liberalizzato ad operatori privati, aprendo ad una concorrenza che fino ad oggi non è mai esistita.
Dal canto loro i tassisti sottolineano come una liberalizzazione in tal senso avrebbe pesanti ripercussioni sulla sicurezza dei cittadini. Auto non soggette alle restrizione e ai controlli delle consuete auto bianche, autisti improvvisati, mezzi non idonei.